Redù
Redù frazione | |
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Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Emilia-Romagna |
Provincia | Modena |
Comune | Nonantola |
Territorio | |
Coordinate | 44°39′17.64″N 11°04′10.6″E44°39′17.64″N, 11°04′10.6″E (Redù) |
Altitudine | 28 m s.l.m. |
Abitanti | 101[1] |
Altre informazioni | |
Fuso orario | UTC+1 |
Patrono | San Macario Alessandrino |
Giorno festivo | 2 gennaio |
Cartografia | |
Redù | |
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Redù è una frazione del comune di Nonantola, in provincia di Modena.
Origine del nome
Il toponimo di Redù può essere fatto derivare dalla parola latina reductum,[2] ovvero "guarnigione di soldati", che probabilmente venne istituita a partire dal II secolo a.C. per presidiare la colonia romana di Nonantola.[3]
Storia
Il territorio di Redù è insediato fin dall'età del bronzo, come testimonia il sito archeologico della terramara di Redù (XVII-XII secolo a.C.), in cui a partire dal 1864 furono rinvenuti numerosi reperti in ceramica, osso e metallo: tra questi i più importanti sono il disco d'oro denominato Lamina aurea e un frammento di piede appartenente ad una statuetta antropomorfa.[4]
Dopo l'invasione dei Romani del 182 a.C. tutta la zona circostante venne suddivisa nella cosiddetta centuriazione, tuttora visibile e il cui confine centuriale è il cosiddetto "gradino di Redù", col quale, già in epoca antica, si era ovviato al problema dello sfalsamento tra decumani modenesi e bolognesi tramite un breve tratto di strada non allineato con la restante centuriazione.[5] Numerosi sepolcri etruschi e romani furono rinvenuti lungo l'attuale via Mislè, oltre a resti di costruzioni e pozzi a grandi mattoni ricurvi, monete consolari e imperiali, tombe, vasi, cippi militari, frammenti di mosaici e moltissimi mattoni manubriati, trasferiti poi al lapidario del Seminario.[6] Dopo la fine dell'Impero Romano, gli abitanti di Redù si trasferirono altrove per sfuggire alle invasioni barbariche.[7]
Secondo Girolamo Tiraboschi, nell'anno 772 Giovanni, duca di Persiceto vendette 200 iugeri di terreno posti in Redù ad Anselperga, figlia del re longobardo Desiderio e badessa del monastero di Santa Giulia in Brescia, che in seguito li cedette nell'anno 814 all'abbazia di Nonantola in cambio di altri terreni situati a Leno.[8] La presenza di una Ecclesiam Sancte Mariae di Redù è indicata in un documento del 1168, denominata dopo il 1188 come Ecclesiam Sancte Mariae de Reduto.[7] Nel 1844 abbattuta la chiesa ormai pericolante e venne riedificato l'attuale edificio della chiesa parrocchiale della Natività di Maria Santissima,[9] inaugurato il 7 settembre 1845.[3]
Monumenti e luoghi d'interesse
- Chiesa della Natività di Maria Santissima; parrocchiale, costruita nel 1844 in stile tardo neoclassico, con interno a navata unica decorata in stile neobarocco.[9]
- Villa Rizzi Salimbeni, edificio ottocentesco con parco.[10]
Note
- ^ Redù, su italia.indettaglio.it.
- ^ Fino all'VIII secolo, su Origine di Bologna.
- ^ a b La storia della frazione di Redù e della via Larga, su YouTube.
- ^ Terramara di Redù - Bronzo Medio e Recente (XVII-XIII secolo a.C.), su Museo di Nonantola, 8 luglio 2021.
- ^ Gianluca Bottazzi e Donato Labate, La centuriazione nella pianura modenese e carpigiana, in Storia di Carpi. La città e il territorio dalle origini all'affermazione dei Pio, Modena, 2008, pp. 177-206.
- ^ L. Pigorini, Di una scoperta paletnologica nel Modenese, vol. 7, 9,10,11, Reggio dell'Emilia, settembre. ottobre e novembre 1881, pp. 143-146.
- ^ a b La storia di Redù, su parrocchie.it.
- ^ Girolamo Tiraboschi, Storia dell'Augusta Badia di S. Silvestro di Nonantola, I, Modena, 1784, p. 220.
- ^ a b Chiesa della Natività di Maria Santissima <Redù, Nonantola>, su Le chiese delle diocesi italiane, Conferenza Episcopale Italiana. URL consultato il 23 luglio 2024.
- ^ Villa Rizzi Salimbeni, su catalogo.beniculturali.it.
Bibliografia
- Paride Candeli, Redù di Nonantola, Modena, Teic, 1979, SBN IT\ICCU\CFI\0478231.
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Chiesa della Natività di Maria Santissima <Redù, Nonantola>, su Le chiese delle diocesi italiane, Conferenza Episcopale Italiana. URL consultato il 23 luglio 2024.